lunedì 14 maggio 2007

PERVYE NA LUNE di Aleksey Fedortchenko

Deve aver portato fortuna a Pervye na Lune (First on the moon, il titolo internazionale) essere presentato a Venezia 62 come primo film della sezione Orizzonti: è riuscito infatti a ottenere il Premio Orizzonti Doc. Evidentemente, in un panorama di sperimentazione come quello di Orizzonti, è stata particolarmente apprezzata l’idea di Fedortchenko, noto documentarista, di realizzare un finto documentario che è una satira contro la madre Russia: un pastiche ironico anzi, cosa ancor più importante, autoironico.

Il regista opera una particolare ricostruzione storica, partendo da un misterioso rinvenimento avvenuto tra le montagne del Cile: secondo le attonite fonti locali si tratterebbe di una “sfera di fuoco”, un meteorite, o secondo i media addirittura un ufo. Una troupe televisiva indaga sulla vicenda, e scopre, spulciando gli archivi di Mosca, alcuni incredibili filmati propagandistici che spiegherebbero il tutto. Questi testimoniano infatti del primo fallimentare tentativo sovietico di conquistare lo spazio e sbarcare sulla Luna, mostrando i tentativi di lanci con animali, la ricerca e la selezione dei cosmonauti e il loro duro addestramento per la missione spaziale segreta, compiuta molto prima di Gagarin, che culmina nell’atteso lancio. Il razzo con a bordo i cosmonauti però precipita tra le montagne del Cile, e da allora tutti gli sforzi del governo sono tesi a nascondere la disastrosa missione. Non si sa che fine abbiano fatto i sopravvissuti, tranne alcuni che il regista riesce a rintracciare e cui assegna il compito di aiutarlo a ricostruire la vicenda.

La storia è talmente surreale da diventare verosimile, e ci piace lasciarci trascinare in maniera straordinaria dal gioco e dall’inganno, del quale, in realtà, tanto consapevoli gli spettatori non sono, se all’uscita si chiedono quali siano le parti ricostruite e quali quelle reali. Così il regista, che si è divertito a mescolare con le tecniche del documentario classico autentico materiale d’archivio russo e scene ricostruite del passato in un bianco e nero adeguatamente sgranato e contrastato (mentre il presente è raffigurato a colori), raggiunge il suo scopo. Il messaggio insomma è: non è difficile ingannare l’occhio attraverso l’apparenza. È una riflessione sul potere della comunicazione e sulle manipolazioni che ne fanno parte, e che danno credibilità a qualunque cosa rendendo realistico l’assurdo. Indicativa la frase pronunciata da un archivista del kgb: “Tutto quello che c’è qui dentro, è avvenuto, almeno questo è certo”.

A disorientare lo spettatore con humour elegante, improbabili particolari come il fatto che tra i cosmonauti figurino un nano da circo, una bellissima ragazza che somiglia più a un attrice che a un’atleta e un operaio pluripremiato per il suo stacanovismo. Tra gli animali-cavia figurano invece un improbabile maialino imballato in uno scafandro-mignon e una scimmietta dallo sguardo dubbioso, entrambi desiderosi di emulare la cagnetta Laika.

Volendo, si possono rintracciare precursori di operazione del genere in Zelig (1983) di Woody Allen e in JFK di Oliver Stone (1991) nonché in altre operazioni recenti. Ma qui ciò che conta, oltre l’indubbia bravura tecnica, è l’operazione attraverso la quale, parodiando gli ideali retorici e trionfalistici della Russia, lo scherzo diventa amaro, per l’implicita riflessione sulle tante vite sfruttate a scopo propagandistico per poi buttarle via quando diventano superflue o scomode. Eppure, contemporaneamente, si avverte una vaga nostalgia per un passato sepolto, o forse il rammarico che le cose non siano andate differentemente, magari che non si sia realizzato davvero “il sogno della Repubblica Cosmica dei Soviet”. Ma la grande creatività e la rinnovata energia del popolo russo possono manifestarsi in altre forme, come questa per esempio.



da Frame on line

Anno:2005
Regia: Aleksey Fedortchenko
Sceneggiatura: Aleksey Fedortchenko, Ramil Yamaleev
Produzione: Studio DEYA-TORIS
Fotografia: Anatoly Lesnikov
Montaggio: Ludmilla Zalogneva
Cast: Boris Vlasov, Victoria Ilynskaya, Andrei Osipov
Durata: 75’
Nazione: Russia

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