venerdì 11 luglio 2008

BEHIND THE MASK - THE RISE OF LESLIE VERNON di Scott Glosserman



Riporto integralmente la recensione apparsa su CinemaHorror.it


Glen Echo è la classica piccola cittadina statunitense che ha però qualcosa che la rende peculiare: anni fa, una folla inferocita scagliò un bambino reputato malvagio giù da una cascata. Ora quel bambino, sopravvissuto in qualche modo, è cresciuto ed è tornato a vivere nelle vicinanze, pronto a reclamare una spietata vendetta contro i cittadini di Glen Echo.Una troupe cinematografica specializzata in documentari su famosi killer si mette in contatto con Leslie Vernon e lo segue durante i preparativi del suo "debutto", allestendo un documentario sulla genesi dei killer. Arriva la sera fatale, tutto è pronto ma i membri della troupe…


Behind the mask è il film che l’intera comunità horror attendeva da almeno un quarto di secolo, una pellicola necessaria, in grado di mischiare riflessioni sul genere a puro divertimento a momenti di tensione rimanendo in qualche modo sempre in stupendo e spiazzante equilibrio, senza una singola caduta di tono. I riferimenti primari su cui poggia la sceneggiatura di Scott Glosserman e David Stieve sono evidenti, da il basilare Il cameraman e l’assassino a Scream, passando per Blair witch project, ma regista e scrittore riescono a compiere il rarissimo miracolo di mischiare sia i livelli narrativi che i contenuti in modo da destabilizzare di continuo lo spettatore in un gioco a incastri su quel che è reale e quel che dovrebbe essere finzione cinematografica.

Behind the mask parte come un documentario (o meglio, un mockumentary) ma già dai primissimi minuti iniziano i “problemi”: la forma è quella tipica dei documentari ma la giornalista percorre allegramente i paraggi di Crystal Lake e le vie di Haddonfield ricordando le gesta criminose che hanno terrorizzato le rispettive comunità come se fossero veramente accadute.Quando poi si transita per “Elm Street” e vediamo un Kane Hodder reagire con fastidio alle domande e rientrare in casa (con tanto di numero civico) capiamo chiaramente di trovarci di fronte a qualcosa di strano.Enter Leslie Vernon, aspirante spree killer interpretato con i giusti ammiccamenti da parte di un ottimo Nathael Baesel (visto in alcuni episodi di Invasion) e ci si capisce ancor meno: la troupe ne accetta il ruolo senza tanto questionare (anche se potrebbe essere un impostore) e comincia a seguirne i preparativi ma lo stile camera-in-spalla alle volte passa brutalmente a quello filmico con tanto di fotografia e recitazione diverse, specie quando, dopo l’identificazione del target, arriva anche la classica nemesi del serial killer, lo psichiatra ossessionato da Leslie, interpretato dal divertito prezzemolino Robert Englund. Si continua quindi a entrare e uscire dai due regimi narrativi e contenutistici, con alcuni momenti assai validi quali la visita al vecchio amico di Leslie, un serial killer "in pensione", sposato all’unica vittima che è riuscita a scappargli: un allegro vecchietto che si lamenta dei vari Freddy e Jason dicendo che al suo tempo dovevi colpire bene la prima volta perché non c’erano sequel e che regala preziosi consigli su come tentare di sopravvivere se inseguiti da un novello Michael Myers (don’t hide, we’ll find you; don’t fight back, we will kill you; just run straight ‘till the break of dawn o qualcosa di molto simile).È in questa fase centrale, molto dialogata, che arrivano riflessioni sparse sulla natura e simbolismi presenti negli slasher.In questo caso si spazia dalle cose più ovvie (gli stereotipi delle varie vittime e la sequenza di massima delle uccisioni) a contenuti insieme più interessanti e divertenti (lo sgabuzzino come utero dal quale in seguito l’eroina rinasce, arrabbiata e vendicativa, il fatto che nessuno scappi mai dalle finestre del piano terra mentre si è sempre pronti a lanciarsi da quelle del secondo piano, ecc ecc), mentre il mockumentary procede verso gli ultimi 30 minuti che diventano film tout court in grado di capitalizzare cinicamente proprio sugli stereotipi elencati in precedenza (quello sull’eroina vergine porta alla migliore gag del film) senza però scadere in un tono esclusivamente comico e regalando anche qualche brivido assortito e alcune scene in grado di inquietare.Alla fortuna di uno script efficace e di un regista dalle idee chiare si accoppia quella di incappare in due attori quanto mai azzeccati per i ruoli: Nathael Baesel ha la tipica follia/malvagità sopra le righe e sinistra adatta al personaggio, con continui scoppi di ilarità, pazzia e senso di predestinazione mentre Angela Goethals (24 e CSI) regge ottimamente il ruolo, che è quasi sempre di confronto con Leslie, grazie a una bocca particolarmente espressiva e un certa caparbietà di fondo.Nella media i dati tecnici con menzione di merito per certo uso del sonoro e la fotografia di Jaron Presant che supporta con buona mano i passaggi da documentario a film e viceversa. Fenomenale la scelta della canzone (il cui titolo non rivelerò) dei titoli di coda.Il film ha raccolto premi e consensi in festival di rilievo come Sitges e Fant-Asia ma ha resistito solo una settimana nelle sale statunitensi, un circo troppo competitivo per pellicole indipendenti di questo tipo.Ne attendiamo distribuzione italiana, magari da accoppiare a quella di Going to pieces per una panoramica completa sul cinema slasher.



Interessante anche la recensione su Exxagon.
Sito ufficiale: Behindthemaskthemovie.com



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