martedì 11 dicembre 2007

DIARY OF DEAD di George A.Romero

L'ultimo titolo della saga dedicata agli Zombi di George A. Romero è stato presentato al Courmayeur Noir in Festival. Voci ne parlano come un vero e proprio gioiello, un mockumentary sul mondo dei morti viventi. In rete circolano alcune interviste a Romero, i back stage che riportiamo di seguito.

Un'intervista a Romero

Il backstage:

1 commento:

Anonimo ha detto...

Visto che manca una recensione auqesto fil, mi permetto di aggiungerla la mia.

24 Ottobre, ore 23. Otto studenti universitari (Jason, Tony, Tracy, Gordo, Eliot, Mary, Ridley e Francis) ed il loro professore (Maxwell) stanno girando una sequenza di un corto didattico ambientato in un bosco, un horror in cui una mummia insegue una ragazza terrorizzata.
Ma dopo qualche ciak, accade qualcosa di strano e accendendo la radio ascoltano preoccupati i radiogiornali che parlano di scontri in città ed in tutto il Paese, atti di violenza improvvisi e disordini scoppiati senza una apparente causa. Il gruppo decide così di rientrare in città per cercare di raggiungere ognuno le proprie case, ma durante il tragitto la radio segnala che gli Stati Uniti sono preda di una sorta di pestilenza che risveglia i morti.
Nonostante il panico dilaghi presto nel gruppo, Jason decide comunque di riprendere tutto con la sua videocamera e di montare il girato ora per ora, allo scopo di realizzare un documentario, con l’aiuto dei suoi compagni, sull’orrore che stanno vivendo.
Il risultato sarà The Death of the Death, videocronaca dell’apocalisse: il film cui assistiamo.

Ulteriore capitolo della saga romeriana sui morti viventi che viene però questa volta rielaborata dal regista in chiave “mock-documentaristica”. Seppur proposti in termini formali molto meno radicali rispetto ad altri film del genere (vedi "Il cameraman e l’assassino"), il tema dello slittamento dei confini tra realtà e finzione nel contesto mediatico e la riflessione sul ruolo dei media nella nostra società e cultura, centrali nel discorso del mock-documentary, vengono affrontati e sviluppati in Diary of the Dead in modo affatto superficiale. Certo la trappola del falso documentario non è così abile da riuscire a catturare fino in fondo lo spetattore, risultano infatti un po’ deboli alcuni escamotage adottati nel film, come quello del montaggio finale (operato da Debra) e del ritrovamento di una seconda camera, che se per un verso permettono all’autore maggior libertà stilistica per contro riducono la carica realista dell’immagine.
Tuttavia l’interesse prioritario dell’autore non sembra tanto quello di illudere lo spettatore che sta assistendo a fatti reali (come potrebbe d'altronde, trattandosi di un film di zombie?), quanto quello di trascinarlo nel vortice del suo racconto e farglielo vivere “in soggettiva”.
E quello di Romero è un racconto che offre una quantità notevoli di spunti di riflessione, l’autore con il suo reality sui morti solleva parecchie questioni calde del mondo dei vivi!
A partire dall’evidente metafora del cannibalismo degli zombie, che allude all’autodistruzione del genere umano, per giungere fino ad una più velata riflessione sul rapporto che la nostra società, e ogni singolo individuo, intrattiene con la tecnologia. Emblematica in questo senso una delle scene finali, quella in cui il professore si rade di fronte ad uno specchio che riflette, oltre la sua immagine, un muro di schermi alle sue spalle.
Come a suggerire che in fondo, forse, l’uso che facciamo dei mezzi di informazione, e della tecnologia in generale, è solo lo specchio, il riflesso, di quello che siamo.
Non è un caso che l’intento dichiarato del film è quello espresso dalla voce di Debra nei primissimi minuti: “Vedete, oltre a cercare di raccontavi la verità, spero anche di spaventarvi. Cosi che forse vi sveglierete. Forse non farete nessuno degli errori che abbiamo commesso noi.”

SP.