Riportiamo un post da Comicsblog:
ProGlo presenta un vero e proprio capolavoro del fumetto: Quattro Dita (Three Fingers), un’opera di Rich Koslowski.
Quattro Dita sarà disponibile, a partire da maggio, in formato brossurato (25,5×21) e presenterà 144 pagine b/n al prezzo di 19 euro.
Quattro Dita ripercorre la vita di Dizzy Walters, indiscusso genio dell’animazione americana, attraverso mezzo secolo di storia Hollywoodiana. Ma Quattro Dita è anche la storia vera della vita di un topo di nome Rickey Rat, un tempo fulgidissima star del cinema animato, adesso vecchio e alcolizzato cartone che blatera di strane storie e ancor più strani complotti…
Quattro Dita si presenta nella forma (del tutto inedita per un fumetto) di falso documentario (o mockumentary, come si dice in inglese), innestandosi sulla via già tracciata da capolavori cinematrografici come Zelig e This is Spinal Tap. Koslowski rielabora il genere del mockumentary per il medium fumetto, inserendo interviste esclusive, fotografie d’annata, eventi e personaggi che hanno fatto la storia del cinema e degli Stati Uniti: l’operazione di mimetizzazione è talmente ben riuscita che sembra di assistere a una puntata di Behind the music, lo show televisivo a cui l’autore si è ispirato, ambientata in un universo parallelo.
Il punto di vista che sottostà all’opera è, se non inedito, del tutto non convenzionale: Koslowski immagina che i cartoon siano dotati vita propria nell’America degli anni ’50 e ‘60, e racconta di una comunità ghettizzata che tanto ricorda quella afroamericana: un tema già suggerito in opere come Chi ha incastrato Roger Rabbit, ma qui reso con tutta la crudezza e il cinismo idonee a un’opera che pretende di raccontare una realtà, seppur fittizia (ma neanche tanto, se si pensa alla fonte d’ispirazione di un gran numero dei primi personaggi dei cartoons. Questi ultimi derivavano, in effetti, da una visione stereotipata delle minoranze etniche, tipica anche delle riviste di vaudeville).
Una graphic novel che riallaccia fili e temi della storia sommersa d’America (come la caccia alle streghe, i Kennedy e l’interazione razziale) e tesse un unico grande affresco al cui c’entro c’è lui, il topo più importante di Hollywood. Quattro Dita racconta di pettegolezzi e Storia, passioni e vizi, successi e fallimenti, che si stringono, come cerchi concentrici, verso la madre di tutte le teorie del complotto.
Anche dal punto di vista del linguaggio l’opera offre degli spunti d’interesse, non solo per la componente sperimentale offerta dalla particolare struttura del lavoro, ma anche dal modo in cui questa struttura viene esplicitata. Ci troviamo davanti a due modulazioni diverse del linguaggio che interagiscono: le sequenze ambientate nel passato narrativo, che presentano materiale d’archivio raccontato in voce off, vengono rese tramite l’uso di fotografie e collage, con una struttura libera della pagina e testo che si sovrappone alle immagini, laddove le sequenze che illustrano il presente narrativo, le interviste, sono completamente disegnate, con tavole prevalentemente in griglia fissa di due righe (metodo che rende alla perfezione il tempo televisivo dell’intervista), griglia che occasionalmente, in alcuni momenti di maggior tensione drammatica, viene scardinata. I due metodi interagiscono a meraviglia, imprimendo un senso di movimento a un’opera che altrimenti sarebbe apparsa ingessata.
Quattro Dita deve certamente buona parte del suo primo impatto al ben posizionato twist della trama, di stampo cospirazionista, che avviene nella prima parte del volume, ma è anche un’opera che, alla rilettura, offre una serie di spunti di riflessione non banali non solo sui retroscena dell’industria dello spettacolo, ma anche sul rapporto fra fruitori e personaggi di fantasia.
ProGlo presenta un vero e proprio capolavoro del fumetto: Quattro Dita (Three Fingers), un’opera di Rich Koslowski.
Quattro Dita sarà disponibile, a partire da maggio, in formato brossurato (25,5×21) e presenterà 144 pagine b/n al prezzo di 19 euro.
Quattro Dita ripercorre la vita di Dizzy Walters, indiscusso genio dell’animazione americana, attraverso mezzo secolo di storia Hollywoodiana. Ma Quattro Dita è anche la storia vera della vita di un topo di nome Rickey Rat, un tempo fulgidissima star del cinema animato, adesso vecchio e alcolizzato cartone che blatera di strane storie e ancor più strani complotti…
Quattro Dita si presenta nella forma (del tutto inedita per un fumetto) di falso documentario (o mockumentary, come si dice in inglese), innestandosi sulla via già tracciata da capolavori cinematrografici come Zelig e This is Spinal Tap. Koslowski rielabora il genere del mockumentary per il medium fumetto, inserendo interviste esclusive, fotografie d’annata, eventi e personaggi che hanno fatto la storia del cinema e degli Stati Uniti: l’operazione di mimetizzazione è talmente ben riuscita che sembra di assistere a una puntata di Behind the music, lo show televisivo a cui l’autore si è ispirato, ambientata in un universo parallelo.
Il punto di vista che sottostà all’opera è, se non inedito, del tutto non convenzionale: Koslowski immagina che i cartoon siano dotati vita propria nell’America degli anni ’50 e ‘60, e racconta di una comunità ghettizzata che tanto ricorda quella afroamericana: un tema già suggerito in opere come Chi ha incastrato Roger Rabbit, ma qui reso con tutta la crudezza e il cinismo idonee a un’opera che pretende di raccontare una realtà, seppur fittizia (ma neanche tanto, se si pensa alla fonte d’ispirazione di un gran numero dei primi personaggi dei cartoons. Questi ultimi derivavano, in effetti, da una visione stereotipata delle minoranze etniche, tipica anche delle riviste di vaudeville).
Una graphic novel che riallaccia fili e temi della storia sommersa d’America (come la caccia alle streghe, i Kennedy e l’interazione razziale) e tesse un unico grande affresco al cui c’entro c’è lui, il topo più importante di Hollywood. Quattro Dita racconta di pettegolezzi e Storia, passioni e vizi, successi e fallimenti, che si stringono, come cerchi concentrici, verso la madre di tutte le teorie del complotto.
Anche dal punto di vista del linguaggio l’opera offre degli spunti d’interesse, non solo per la componente sperimentale offerta dalla particolare struttura del lavoro, ma anche dal modo in cui questa struttura viene esplicitata. Ci troviamo davanti a due modulazioni diverse del linguaggio che interagiscono: le sequenze ambientate nel passato narrativo, che presentano materiale d’archivio raccontato in voce off, vengono rese tramite l’uso di fotografie e collage, con una struttura libera della pagina e testo che si sovrappone alle immagini, laddove le sequenze che illustrano il presente narrativo, le interviste, sono completamente disegnate, con tavole prevalentemente in griglia fissa di due righe (metodo che rende alla perfezione il tempo televisivo dell’intervista), griglia che occasionalmente, in alcuni momenti di maggior tensione drammatica, viene scardinata. I due metodi interagiscono a meraviglia, imprimendo un senso di movimento a un’opera che altrimenti sarebbe apparsa ingessata.
Quattro Dita deve certamente buona parte del suo primo impatto al ben posizionato twist della trama, di stampo cospirazionista, che avviene nella prima parte del volume, ma è anche un’opera che, alla rilettura, offre una serie di spunti di riflessione non banali non solo sui retroscena dell’industria dello spettacolo, ma anche sul rapporto fra fruitori e personaggi di fantasia.
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