Cody è un pinguino surfista che sogna di emulare le gesta di Big Z, il pioniere dei surf tra i pennuti. L’occasione è il Big Z memorial, una gara fra i migliori atleti al mondo. L’allenamento alla gara riserverà al piccolo Cody una grande sorpresa. Il tutto viene seguito da una troupe di filmmaker che stanno realizzando un documentario sulla grande sfida! I film d’animazione, in particolar modo quelli realizzati con la computer graphic, nascondono dietro i continui progressi tecnologici un’anima reazionaria, restia a provare nuove forme. Le majors sono consapevoli che la capacità affabulatoria della favola narrata trascende la novità tanto al cinema quanto davanti al focolare domestico. Non è un caso che spesso le formule si ripetano costanti, quasi a plagio dei predecessori. La narrativa fondamentale alla base dell’intero filone di produzione americana si riduce a pochi modelli che potrebbero risalire alle teorie di Propp dove ogni tassello della storia rappresenta un elemento fondamentale. Appare così ovvio che come un bambino ama sentirsi raccontare sempre la stessa storia, le major preferiscono investire in film che poco si discostano dal mainstream ma che garantiscono quel margine di certezza al box office.
Surf’up ha invece il merito innegabile di sperimentare una forma nuova, soprattutto per il mondo dei cartoon, del mockumentary (il falso documentario), strada battuta solo in casi sporadici, per esempio, con le puntate Behind the Laughter e Springfield Up dei Simpson di Matt Groenig. Così la storia di Cody Maverick e del suo sogno di vincere il Big Z Memorial, la più importante competizione di surf per pinguini e altri pennuti, viene raccontata attraverso gli obiettivi di un’ipotetica troupe di documentaristi che vogliono realizzare un documentario sull’evento. Interviste, spezzoni di programmi televisivi, riprese che simulano una camera a spalla, sguardi in macchina, il registro utilizzato riporta continuamente lo spettatore di fronte al linguaggio del documentario, sebbene in molte occasioni sia evidente che il gioco non possa reggere fino in fondo e si azzardano riprese evidentemente finzionali.
Surf’s up non pretende di passare per un documentario, ma gioca sul registro della presunta serietà del genere, compiendo la scelta coraggiosa di osare una nuova forma di racconto. Il mix pare riuscito, il mondo del surf ha sempre affascinato quello del cinema e grazie a un’alta qualità dei rendering 3D le scene sulle onde paiono assolutamente spettacolari. Contemporaneamente funziona anche il gioco narrativo, ricco di spunti e di idee originali e, in pieno spirito disneyano, di personaggi secondari esilaranti e ben caratterizzati (su tutti il pollo hippy Chicken Joe).
Sebbene l’accoppiata Disney-Pixar rimanga sempre un passo avanti rispetto alle concorrenti del mondo dell’animazione, il film di Ash Brannon e Chris Buck si rivela una gradita sorpresa in un panorama che aveva offerto poche idee realmente nuove, anche a rischio di perdere parte del botteghino.
Da Hideout.
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