Riprendimi è il film diretto dalla giovane Anna Negri, in concorso ala SUNDANCE FILM FESTIVAL 2008. In uscita in tutta Italia il'11 aprile. Sara, di Sarathehutt, lo ha visto in anteprima e ci ha dato una prima impressione
Riprendimi è un falso documentario. L'idea è buona, anzi ottima: il precariato nel lavoro crea un precariato dell'anima.
Lo spunto è quello di una troupe che vuole seguire una famiglia di precari dello spettacolo: attore lui, montatrice lei, non sposati e con bambino piccolo. Al primo giorno di riprese, l'attore Giovanni esplode e lascia Lucia. La troupe al seguito decide di sdoppiarsi e seguire entrambi per dimostrare che la situazione pecaria lavorativa li ha cambiati e ormai sono precari anche nei loro sentimenti.
In effetti questo assunto è ripetuto più volte (la società liquida, il precariato dell'anima), ma non è per niente sviluppato. Alla fine la storia di Giovanni e Lucia e quella di una coppia scoppiata in cerca d'amore.
Riprendimi poteva essere un buon film, ma soffre di molti problemi affinchè si possa definire un film riuscito e il più grande è la regia. Nel corso della narrazione anche i due documentaristi diventano personaggi del film, ma Anna Negri (la regista) sceglie di usare indistintamente la soggettiva della telecamera dei cameramen e l'oggettiva del set, creando un gran pasticcio.
La regista ha dichiarato che si è trattata di una scelta per mostrare più punti di vista e quindi far arrivare al pubblico la confusione dei personaggi.
In effetti la confusione si sente, ma non è quella dei personaggi. Non essendoci differenza nelle riprese tra le soggettive della telecamera in campo e le oggettive delle cineprese del set (sia per metodi di ripresa che per fotografia), si genera uno spaesamento e a volte sembra che ci siano due cameramen in scena, anche se lo spettatore sa perfettamente che non è così.
Gli attori sono tutti abbastanza bravi, ma i dialoghi sono, a volte, mosci: la sceneggiatura era già tutta scritta e un mese di prova con gli attori è servita per "far diventare più colloquiali e quindi più reali" i dialoghi, ma a volte l'effetto è esagerato.
Alla fine il risultato è un gran pasticcio sia di regia che di messaggio: i documentaristi non sanno più dove andranno a parare e anche il film si perde con loro (intenzionalmente). Eppure questa deriva non arriva allo spettatore in senso di "messaggio". E poi si sente tanto che il film è stato scritto, diretto e prodotto da donne:
i maschi ne escono fuori davvero male e sono tanto, tanto, tanto caratterizzati.
www.splinder.com/profile/sarathehutt
Riprendimi è un falso documentario. L'idea è buona, anzi ottima: il precariato nel lavoro crea un precariato dell'anima.
Lo spunto è quello di una troupe che vuole seguire una famiglia di precari dello spettacolo: attore lui, montatrice lei, non sposati e con bambino piccolo. Al primo giorno di riprese, l'attore Giovanni esplode e lascia Lucia. La troupe al seguito decide di sdoppiarsi e seguire entrambi per dimostrare che la situazione pecaria lavorativa li ha cambiati e ormai sono precari anche nei loro sentimenti.
In effetti questo assunto è ripetuto più volte (la società liquida, il precariato dell'anima), ma non è per niente sviluppato. Alla fine la storia di Giovanni e Lucia e quella di una coppia scoppiata in cerca d'amore.
Riprendimi poteva essere un buon film, ma soffre di molti problemi affinchè si possa definire un film riuscito e il più grande è la regia. Nel corso della narrazione anche i due documentaristi diventano personaggi del film, ma Anna Negri (la regista) sceglie di usare indistintamente la soggettiva della telecamera dei cameramen e l'oggettiva del set, creando un gran pasticcio.
La regista ha dichiarato che si è trattata di una scelta per mostrare più punti di vista e quindi far arrivare al pubblico la confusione dei personaggi.
In effetti la confusione si sente, ma non è quella dei personaggi. Non essendoci differenza nelle riprese tra le soggettive della telecamera in campo e le oggettive delle cineprese del set (sia per metodi di ripresa che per fotografia), si genera uno spaesamento e a volte sembra che ci siano due cameramen in scena, anche se lo spettatore sa perfettamente che non è così.
Gli attori sono tutti abbastanza bravi, ma i dialoghi sono, a volte, mosci: la sceneggiatura era già tutta scritta e un mese di prova con gli attori è servita per "far diventare più colloquiali e quindi più reali" i dialoghi, ma a volte l'effetto è esagerato.
Alla fine il risultato è un gran pasticcio sia di regia che di messaggio: i documentaristi non sanno più dove andranno a parare e anche il film si perde con loro (intenzionalmente). Eppure questa deriva non arriva allo spettatore in senso di "messaggio". E poi si sente tanto che il film è stato scritto, diretto e prodotto da donne:
i maschi ne escono fuori davvero male e sono tanto, tanto, tanto caratterizzati.
www.splinder.com/profile/sarathehutt
2 commenti:
Perchè un gran pasticcio? La presenza del doppio dispositivo è ovviamente voluta, altrimenti la regista avrebbe girato un film alla Cloverfield (ad. esempio). Per me questo è un film riuscito, se non altro perchè ha voluto giocare con i generi..
Ciao Yamamoto, purtroppo non ho ancora avuto modo di vedere Riprendimi, ma parlando con Sara (che ha scritto la recensione) mi sembra di aver capito che non c'è una precisa intenzione che fa scegliere alla regista se usare il linguaggio della fiction o quello del documentario e questo non può che essere un difetto. Cloverfield NON è un falso documentario, è un film in diretta, non montato, come lo erano Blair Witch Project e altri in precedenza.
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